martedì 24 luglio 2012

LA TERRA AGRICOLA ITALIANA VALE 20.000 EURO AD ETTARO

Un ettaro di terra in Italia? Vale 20.000 euro, in media, nel 2011, in leggerissimo aumento sul 2010 (+0,5%), anche se al nord est si va 40.000 euro a ettaro, mentre al centro e al sud si scende a 9-12.000 euro a ettaro. Ecco le prime anticipazioni sullo studio dell’Inea (Istituto Nazionale Economia Agraria, www.inea.it) sui valori del mercato fondiario (dati riferiti al 2011, lo studio completo sarà presentato in settembre-ottobre, ndr).

Che racconta di un mercato fondiario 2011 caratterizzato da quotazioni stabili e attività di compravendita ridotte. A spuntare i prezzi migliori i terreni di pianura, sia per la maggiore redditività dell’attività agricola (più semplici da coltivare, e quindi con minori costi di gestione), ma anche perché più richiesti, in prospettiva, per cambi di destinazione d’uso di tipo urbano o infrastrutturale.

Ma nel complesso le compravendite e le oscillazioni di quotazioni si sono stabilizzate anche per il calo dell’interesse degli operatori che cercavano terreni per la produzione di energia rinnovabile, fotovoltaico in primis, dovuto anche alla riduzione del sistema degli incentivi. Arrivando così ad una stabilità che, nel lungo periodo, secondo l’Inea, dovrebbe aiutare invece le imprese agricole a progettare investimenti per aumentare le proprie dimensioni e sfruttare economie di scala.

Cosa possibile, però, sottolinea l’Inea, solo se anche il sistema creditizio tornerà a guardare con interesse al settore. Da sottolineare, poi, che il tasso di crescita del valore dei terreni, per l’Inea, negli ultimi 10 anni è stato ben al disotto dell’inflazione: se sul 2000 il prezzo della terra è aumentato del 22,5% nel complesso, al netto dell’inflazione in realtà si è ridotto del 3,4%.

A crescere in valore sono soprattutto le regioni del centro nord, anche se regioni come Veneto, Toscana e Lombardia, in media, hanno visto un calo dell’1% sui prezzi medi. A crescere nettamente, sono, invece, i terreni agricoli in affitto, arrivati a quota 4,9 milioni di ettari in Italia (+60% tra il 2000 e il 2010), il 38,1% della Superficie agricola utilizzata (Sau), con la domanda che, nel 2011, ha superato l’offerta, e canoni in rialzo soprattutto per i terreni destinati a colture di pregio e a colture energetiche.

Fonte: winenews.it

giovedì 19 luglio 2012

VINO E PRODOTTI TIPICI "GUIDANO" LE VACANZE

Toscana (con 465 prodotti tipici), Lazio (384), Campania e Veneto(370): ecco il podio delle “bandiere del gusto”, la classifica stilata da Coldiretti sulle regioni italiane che offrono più prodotti tradizionali censiti e certificati, in testa, per altro alla lista dei desideri di turisti stranieri, ma non solo, quando si tratta di scegliere un souvenir, visto che ai sapori del territorio si affidano 6 persone su 10.

E il cibo e il vino sono anche l’elemento più importante per il successo di una vacanza, secondo il 35% dei turisti, che li mettono davanti, per importanza, a musei e mostre, shopping e via dicendo. Risultato? Il turismo enogastronomico cresce nel 2012 e, per l’organizzazione agricola, “supera i 5 miliardi di fatturato diventando il vero motore della vacanza made in Italy in tempi di crisi”.

Anche perché, girando per l’Italia, la scelta non manca: 1.420 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, seguiti da 1.305 verdure fresche e lavorate, 766 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 475 formaggi, 160 bevande tra analcoliche, liquori e distillati e così via. Senza dimenticare, ovviamente, gli oltre 240 prodotti e 520 vini Dop e Igp del Belpaese ...

mercoledì 18 luglio 2012

VINO ITALIANO, MERCATO USA IN CALO

Non vanno fatti drammi, perché il 2011 del vino italiano in Usa è tato da record, ma i segnali che arrivano dal mercato americano, tra i più importanti per i produttori del Belpaese, non possono essere ignorati.

Continua, infatti, il calo delle importazioni: -5,6% in volume 799.990 ettolitri) e -3,8% in valore (391 milioni di dollari) nei primi 4 mesi del 2012 sul 2011. A dirlo, i dati dell’Italian Wine & Food Institute guidato da Lucio Caputo che sottolineano, comunque, come l’Italia resti il Paese leader per quota di mercato tra i vini stranieri tanto in quantità (23,5%) quanto in valore (32,6%), soprattutto con il vino imbottigliato, a  differenza dell’Australia, alla posizione n. 2, che vede la metà del suo prodotto arrivare sfuso negli States. Non di meno, l’Italia è l’unico dei Paesi leader del settore (in 5, con Australia, Argentina, Cile e Francia, si dividono più dell’80% del mercato di vini importati in Usa) a far segnare un trend negativo nel 2012.

In controtendenza gli spumanti italiani, che fanno segnare un +9,4% in quantità e un +7,9% in valore. Nel complesso, le importazioni in Usa sono state di 3,4 milioni di ettolitri, per un valore di 1,9 miliardi di dollari (+23,4% in quantità e +3,9% in valore).

martedì 17 luglio 2012

L'OBESITA' IN EUROPA "VALE" 236 MILIARDI

Nel mondo 500 milioni di persone sono obese e nel 2015 potrebbero raggiungere quota 700 milioni; in Europa, l’obesità costa 236 miliardi di euro, l’8% della spesa sanitaria a livello mondiale; in Italia 1 bambino su 3 è obeso.

Dati allarmanti, quelli diffusi dal Barilla Center for Food and Nutrition (Bcfn). Che sottolinea come la spesa sanitaria sostenuta da un obeso sia mediamente il 25% più alta rispetto a quella di un soggetto normopeso.

Ipotizzando una vita media attesa della persona obesa di 75 anni, un diciottenne obeso comporta un costo sociale totale di circa 100.000 euro in più rispetto ad un coetaneo normopeso. Oltre ai costi sanitari, inoltre, vi sono poi quelli indiretti: minore produttività lavorativa, costi ambientali più alti legati a maggiori consumi di carburante e conseguenti emissioni di gas serra, minori rendimenti scolastici.

Cosa fare allora? Insegnare abitudini sane fin dall’infanzia, incentivando l’attività sportiva e l’educazione alimentare nelle scuole, programmare un impegno congiunto di Governi e settore privato, diffondere la cultura della prevenzione.

mercoledì 11 luglio 2012

CRISI, PESCE "CONTROCORRENTE": CON L'ESTATE CONSUMI A +15%

L’estate chiama il pesce in tavola: cresce il consumo del 15% sul 2011, con i prezzi che rimangono più o meno stabili e per alcune specie in diminuzione del 2%. Lo dice Federcoopesca-Confcooperative.

Ma anche il mare ha la sua stagionalità, e per non sbagliare a fare la spesa, dicono gli esperti, i pesci migliori in questo periodo sono acciuga, cefalo, muggine, dentice, nasello, orata, pesce spada, sardina, sgombro, sogliola, spigola e triglia.

E poi l’importante è la preparazione, soprattutto per contrastare il caldo: bandite le fritture, meglio puntare su carpacci e insalate di mare ...

giovedì 5 luglio 2012

LA "SPENDING REVIEW" IN TAVOLA

Sergio Marini Presidente Coldiretti
La necessità di una Politica più attenta ed efficiente che sostenga l’agricoltura italiana, tagliando soprattutto quell’eccesso di burocrazia che “ruba” 100 giornate di lavoro all’anno alle imprese agricole, per sostenere il comparto nelle sfide dei mercati internazionali e non solo, visto che la crisi in Italia sta picchiando forte, tanto che è in atto una vera e propria “spending review” gastronomica, con gli stili alimentari che cambiano.
Meno consumi “superflui”, crollano colazione al bar, caramelle e liquori, per esempio, e più “sostanza”, con la pasta, alimento base, che cresce del 3%, e con la carne di cui si cercano sempre più spesso i tagli meno pregiati.
E con l’aumento dell’Iva previsto in ottobre, che potrebbe avere un impatto di più di 1 miliardo di euro, si rischia un vero e proprio tracollo. Ecco il fil rouge dell’assemblea nazionale di Coldiretti, oggi a Roma. “Su 233 iniziative di legge parlamentare assegnate alle Commissioni Agricoltura della Camera e del Senato, nell’ultima legislatura solo 3 sono state approvate, ma di queste 2 sono rimaste del tutto inapplicate”, ha denunciato il presidente Sergio Marini (foto).
“L’agricoltura torni al centro della politica, perché è la via per uscire dalla crisi”.

BUONITALIA IN LIQUIDAZIONE: L'ITALIA RISCHIA LA FIGURACCIA

L’evoluzione della vicenda Buonitalia, la Spa controllata dal Ministero delle Politiche Agricole per la promozione del made in Italy agroalimentare nel mondo, e ufficialmente in liquidazione dal 2 luglio (di cui WineNews si era già occupata), rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol per l’immagine dell’Italia tutta.

Primo perché il “fallimento”, pilotato o meno, di un’azienda pubblica non è mai salutare per il “rating” del Paese. Poi perché, paradossalmente, l’azienda, dal punto di vista finanziario, sarebbe in attivo, con oltre 20 milioni di euro in cassa che non possono essere spesi solo perché manca l’adeguata rendicontazione, e sufficienti a pagare gran parte dei debiti, almeno con i creditori più grandi: per diverse fonti, VeronaFiere aspetta 3,5 milioni di euro, il Consorzio del Grana Padano 2,8, come quello del Parmigiano Reggiano, la Biennale di Venezia 300.000 euro, Enoteca Italiana 200.000, tutti per progetti già approvati e realizzati. Terzo, perché a pagare sarebbero soprattutto i dipendenti, visto che la procedura di licenziamento collettivo va avanti, con i lavoratori che diventano capro espiatorio di responsabilità amministrative e politiche, visto che hanno eseguito progetti e compiti stabiliti e approvati dai dirigenti, nominati direttamente dal Ministero.

Senza contare che verrebbe meno un impegno preso dalla Pubblica Amministrazione, visto che, nel verbale dell’assemblea dei soci del 13 settembre 2011, si afferma che la salvaguardia dell’occupazione è uno degli obbiettivi prioritari per il liquidatore. Un pasticcio brutto, da cui l’Italia dell’agroalimentare, ma non solo, rischia di veder danneggiata la propria credibilità come Paese.

Tanto più che, stando ai rumors, ai creditori più importanti sarebbe stato proposto una sorta di “condono sicuro” di parte del debito per scongiurare il rischio di perdere tutto una volta liquidata la società. Atteggiamento che, se confermato, stride sia con l’etica, che, soprattutto adesso, con una pubblica amministrazione che pretende da aziende e privati un ferreo rispetto dei tempi di pagamento ma che, spesso, agisce in modo completamente diverso. E dalla vicenda Buonitalia rischia di uscire l’immagine di una “Cattivitalia”, che non fa bene a nessuno.


Fonte: winenews.it del 04/07/2012