L’evoluzione della vicenda Buonitalia, la Spa controllata dal Ministero delle Politiche Agricole per la promozione del made in Italy agroalimentare nel mondo, e ufficialmente in liquidazione dal 2 luglio (di cui WineNews si era già occupata), rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol per l’immagine dell’Italia tutta.
Primo perché il “fallimento”, pilotato o meno, di un’azienda pubblica non è mai salutare per il “rating” del Paese. Poi perché, paradossalmente, l’azienda, dal punto di vista finanziario, sarebbe in attivo, con oltre 20 milioni di euro in cassa che non possono essere spesi solo perché manca l’adeguata rendicontazione, e sufficienti a pagare gran parte dei debiti, almeno con i creditori più grandi: per diverse fonti, VeronaFiere aspetta 3,5 milioni di euro, il Consorzio del Grana Padano 2,8, come quello del Parmigiano Reggiano, la Biennale di Venezia 300.000 euro, Enoteca Italiana 200.000, tutti per progetti già approvati e realizzati. Terzo, perché a pagare sarebbero soprattutto i dipendenti, visto che la procedura di licenziamento collettivo va avanti, con i lavoratori che diventano capro espiatorio di responsabilità amministrative e politiche, visto che hanno eseguito progetti e compiti stabiliti e approvati dai dirigenti, nominati direttamente dal Ministero.
Senza contare che verrebbe meno un impegno preso dalla Pubblica Amministrazione, visto che, nel verbale dell’assemblea dei soci del 13 settembre 2011, si afferma che la salvaguardia dell’occupazione è uno degli obbiettivi prioritari per il liquidatore. Un pasticcio brutto, da cui l’Italia dell’agroalimentare, ma non solo, rischia di veder danneggiata la propria credibilità come Paese.
Tanto più che, stando ai rumors, ai creditori più importanti sarebbe stato proposto una sorta di “condono sicuro” di parte del debito per scongiurare il rischio di perdere tutto una volta liquidata la società. Atteggiamento che, se confermato, stride sia con l’etica, che, soprattutto adesso, con una pubblica amministrazione che pretende da aziende e privati un ferreo rispetto dei tempi di pagamento ma che, spesso, agisce in modo completamente diverso. E dalla vicenda Buonitalia rischia di uscire l’immagine di una “Cattivitalia”, che non fa bene a nessuno.
Fonte: winenews.it del 04/07/2012
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