Oscar Farinetti fondatore di Eataly |
Come Firenze, "all’ex libreria Martelli, vicino al Duomo - dice Farinetti - poi a Bari, nell’ala monumentale della Fiera del Levante. E, ancora, a Milano, al Teatro Smeraldo, a Piacenza, e poi, nel 2014, a Verona. E all’estero apriremo a Chicago e in altre città degli States, a Toronto, in Canada, e a San Paolo, in Brasile". Un colosso da oltre 200 milioni di euro all’anno, che non vuole essere solo business, ma anche motore di una nuova rivoluzione del cibo.
"Nascerà una sorta di "disciplinare di Eataly" per chi vuole essere presente negli store. Un cappello su tutti i prodotti che dice: no concimi chimici, no diserbanti, e così via. E varrà per vino, olive, grano duro per la pasta, e via dicendo. Per poi scendere nei dettagli: sul vino, ad esempio, vorremmo che il massimo dei solfiti utilizzati fosse la metà di quelli consentiti dalla legge". Concetto che è alla base di "Vino Libero", che mira anche a correggere qualche "stortura" della filiera: "ci sono troppi soggetti che ci guadagnano, con vini che poi arrivano allo scaffale a prezzi esagerati. E non solo in Italia.
Dobbiamo creare catene più corte, pur riconoscendo il ruolo del distributore, pensare a internet, ad un dialogo diretto con il consumatore. Mi fa arrabbiare, quando vedo una bottiglia di Barbera venduta a 6-7 euro, che è il prezzo giusto, pensare che il contadino ha preso solo 30 centesimi al chilo di uva.
Accorciare la filiera vuol dire essere giusti, avere rispetto". Ma come far capire anche ai nostri politici che tutto, in Italia, parte dall’agricoltura, dal turismo, e dalla loro sinergia? "Semplice: cambiandoli".
Fonte: www.winenews.it
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