mercoledì 21 marzo 2012

IL VALORE DEL VINO

Il vino italiano si specchia nel suo successo e rischia di ammalarsi di narcisismo.  Non occorre aver letto Freud, le nostre cantine si misurano in un mercato schizoide.

Da una parte l'export che tira, dall'altra la domanda interna che si inchioda. In più vi è una polarizzazione: si vendono o i vini top o quelli sotto i 5 euro. In termini economici il vino vale per l'Italia 14 miliardi di euro (4,4 dall'export) a cui va aggiunto un indotto che vale grosso modo altri 5 miliardi. Ce n'è abbastanza per concludere che è uno dei settori decisivi della nostra economia. Ci si aspetterebbe dunque un sistema perfettamente efficiente ed afficace.

Non è purtroppo così. Da una parte il sistema non ha saputo reagire alle troppe campagne di demonizzazione del vino - peraltro largamente ingiustificate dai dati - che pochissimo c'entra con lo sballo, dall'altro non sa abbandonare un marketing antiquato e ormai non più efficace. Si continua con le classifiche, le degustazioni, la ricerca del consenso sul prodotto invece di imporre il valore del vino.


E' indispensabile recuperare uno stile di consumo (e anche volumi di domanda adeguati) che è il vino inteso come elemento socializzazione, di trasmissione dei nostri valori culturali antropici, di esaltazione della nostra ruralità come sede privilegiata della nostra civiltà.

Dall'altra è necessario che il sistema vino che deve tornare a rivendicare la propria origine agricola (a proposito produciamo sempre meno vigna: 41 milioni di ettolitri, appena 700 mila ettari) si faccia protagonista in prima persona della comunicazione dei propri valori senza affidarsi ad intermediazioni.
E questo vale sul mercato interno come all'estero dove l'unicità dei nostri territori, la pluralità dei vitigni, la qualità degli abbinamenti tra i nostri vini e la nostra cucina, l'indissolubilità del rapporto che lega il nostro vino con le nostre espressioni culturali devono essere proposte ed esaltate.
Solo così si evita il narcisismo e si diventa protagonisti.

Tratto da: QN del 21.03.12

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