"Magis", "SoStain", "Itaca", "Carbon footprint", "Montefalco Green Revolution": sono solo alcuni dei nomi dei progetti e dei protocolli di sostenibilità che alcune cantine italiane, insieme al mondo della ricerca e a diverse Università, stanno portando avanti, da anni, nell’ottica di una produzione vinicola più sostenibile per l’ambiente, ma anche per l’economia, per il territorio e per il sociale nel suo complesso.
Ma ora è arrivato il momento di passare alla "fase 2" della "Green Economy" vinicola: mettere insieme le esperienze e creare un concept unico (pur continuando a sviluppare i singoli percorsi che, per loro natura, saranno per sempre "work in progress") che identifichi sempre di più, specialmente all’estero, l’Italia come "produttore sostenibile" di vino.
Senza cadere nel rischio di identificare sostenibilità (solo) con "biologico", "biodinamico" e così via. Ecco il messaggio che arriva da "Enologica 33", a Montefalco, patria del Sagrantino. "Ogni esperienza ha sviluppato determinati processi e prodotti - spiega il professor Leonardo Valenti, dell’Università di Milano - ora bisogna prenderli e discuterli in funzione di una situazione italiana, ed usarli per promuovere la viticoltura della "Green Economy" italiana nel mondo.
Che ha un senso e un significato nel momento stesso in cui non si fa un discorso di personalismi, per cui bisogna mettersi tutti in torno un tavolo, ognuno con le proprie esperienze per cercare un "modus vivendi" italiano che vada nella direzione della "Green Economy", e che porti dei risultati come pubblicizzazione di quello che l’Italia sta facendo verso i mercati internazionali".
Anche perché i valori etici e ambientali, che devono essere perseguiti e coltivati prima della loro ricaduta economica, sono, in ogni caso, anche sempre più richiesti dai consumatori, soprattutto all’estero, al punto che, talvolta, "l’eticità" e la "sostenibilità" di un prodotto sono quasi importanti quanto la sua qualità intrinseca.
E "Green Economy", ha sottolineato il direttore di "Libero Gusto" Carlo Cambi, è essenzialmente "costruire un ambiente che è economico, etico, culturale, e compatibile con la dimensione alta dell’uomo". E non c’è niente di meglio del vino per ispirare tutto questo.
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