Chissà quanti fedeli se lo sono chiesti: ma Gesù, cosa mangiava? La domanda, meno “frivola” di quanto si possa pensare, se l’è posta anche Don Andrea Ciucci che, per darsi una risposta, ha riletto con occhi nuovi e diversi tutti i testi della Bibbia, e raccolto ricette e tradizioni culinarie di secoli di storia in “A tavola con Abramo” (Edizioni San Paolo), scritto a quattro mani con Don Paolo Sartor.
“Nella Bibbia - racconta Don Andrea - c’è tutto: ci sono le ricette, ci sono gli amori, ci sono i viaggi, è la vita di un popolo. Noi abbiamo contato una ventina di ricette strettamente legate ad un brano biblico”. A partire da una zuppa di zucca, preparata, secondo il “Secondo Libro dei Re”, dal profeta Eliseo: una sorta di vellutata, da “portare alla gente, affinché ne mangino tutti”. Che il roux sia un’idea del profeta Eliseo, piuttosto che della tradizione francese? “Il burro - spiega il prelato - esisteva già a quei tempi, pensare che si usasse con la farina per addensare certe cotture non è poi un’ipotesi peregrina”.
Ma i cibi di cui si parla più spesso, sono quaglie, pane dolce, pane azzimo, dolce di grano, tutti piatti che sicuramente hanno fatto parte della dieta di Gesù, così come il bollito misto che lo stesso Dio detta al profeta Ezechiele nel Capitolo 24, durante l’assedio di Gerusalemme, in cui consiglia di bollire a lungo diversi tipi di carne, con l’osso, insieme alle verdure, “perché anch’io farò così, e purificherò la pentola”. E Dio è il protagonista anche della cena di Abramo, sempre narrata dalla Bibbia, in cui a tavola finisce l’agnello, piatto tipico, ancora oggi, della cucina mediorientale.
E poi il succo di melograno, che si beve ancora, dopo secoli, nei bar di Gerusalemme, definito, nel Cantico dei Cantici, la “bevanda degli innamorati”. E ancora, nel “Primo Libro dei Re”, al capitolo decimo, c’è un episodio curioso: la visita della regina di Saba a Salomone, che portò tantissime spezie, come mai se ne erano viste in Palestina, spezie che, oggi, sono le protagoniste di ogni mercato arabo. Un lavoro, quello dietro alla stesura di “A tavola con Abramo”, fatto di ricerca, ricette e citazioni, che la Federazione Italiana Cuochi ha voluto onorare insignendo Don Andrea Ciucci della laurea “honoris causa” in alta cucina.
martedì 26 giugno 2012
mercoledì 20 giugno 2012
TARTRUFFA, FALSI TARTUFI VENDUTI COME VERI
Falsi tartufi, prezzi come fossero veri e pregiatissimi. I Carabinieri del Nas di Bologna durante controlli a ristoranti della provincia hanno sequestrato tartufi di dubbia provenienza e genuinità. Sottoposti ad analisi dalla facoltà di agraria (dipartimento di protezione e valorizzazione agroalimentare) dell'Università di Bologna, sono risultati appartenere alla specie molto comune e di nessun pregio 'tuber oligospermum' di provenienza nord-africana la cui vendita è vietata in Italia.
Le indagini hanno individuato 4 ditte all'ingrosso di funghi e tartufi tra Bologna, Pistoia e Pesaro-Urbino, che facevano contraffazione e sofisticazione. In particolare, è risultato che la ditta toscana importava clandestinamente dal Nord Africa tartufi di nessun valore, per poi venderli alle altre tre aziende che li sottoponevano a lavorazione con l'utilizzo di oli e aromi sintetici dal caratteristico odore. Il prodotto così ottenuto veniva quindi commercializzato, intero o in confezioni sottolio destinate al consumatore, come 'tartufo bianchetto' (tuber borchii vittad), pregiato tubero il cui valore di mercato oscilla tra i 180 e i 700 euro al kg.
Il Nas di Bologna, in collaborazione coi colleghi di Ancona e Firenze, hanno fatto 8 ispezioni in esercizi di ristorazione e perquisizioni presso le 4 aziende responsabili della frode, sequestrando oltre 300 kg di falso tartufo, in parte già confezionato e destinato al mercato estero (Brasile). Oltre a porre i sigilli a due depositi clandestini di alimenti del valore complessivo di circa 700mila euro, sono stati denunciati i legali responsabili delle predette aziende per frode in commercio, vendita di prodotti alimentari non genuini e violazione della normativa quadro sui tartufi, ed elevate sanzioni amministrative per un totale di 13mila euro.
mercoledì 13 giugno 2012
L'UROPA DEL VINO, PATRIMONIO...DELL'UMANITA'
Nati da secoli di lotte e guerre, i Paesi della Vecchia Europa riscoprono spesso nel vino le loro radici comuni, le loro similitudini. È ciò che è successo anche a Parigi, dove si sono ritrovati i rappresentanti delle cooperative di Italia, Francia e Spagna (1.700 cantine che producono più del 50% di tutto il vino che si produce nell’Unione Europea), pronti a ribadire, uniti, la necessità che le scelte comunitarie vadano nella direzione di sostenere la creazione e lo sviluppo delle organizzazioni dei produttori di vino (Op), di concentrare l’offerta, aumentando di conseguenza il potere contrattuale dei produttori.
“Le prospettive per lo sviluppo di mercato - ha spiegato il francese Denis Verdier - sono oggi principalmente nell’esportazione e ciò richiede strutture aziendali assolutamente più forti ed organizzate”. Per questo le organizzazioni cooperative hanno chiesto all’Europa di rafforzare la definizione e i compiti delle organizzazioni dei produttori, sempre a condizione che vengano costituite su iniziativa dei produttori, che abbiano una dimensione minima e che dispongano di sufficienti risorse.
Poi, è fondamentale che abbiano come compito principale la commercializzazione dei vini dei loro associati, ma anche che siano in grado di svolgere un ruolo nella gestione della filiera e delle crisi, magari istituendo fondi di mutuo soccorso per le aziende in difficoltà. Nel frattempo, dall’altra parte del Continente, in Ucraina, ha mosso i primi passi l’idea di candidare la “Cultura del Vino” a Patrimonio dell’Umanità Unesco.
Il progetto, intuizione dello spagnolo Santiago Vivanco, a capo dell’associazione per lo sviluppo del turismo e della cultura del vino, vedrà la luce il 15 settembre, ma per la candidatura ufficiale si dovrà aspettare il 2013, quando tutti i musei e le strade del vino, non solo d’Europa, ma del Mondo, saranno state censite e messe a sistema su una piattaforma web dedicata. Un’idea europea, che nasce nell’unico Paese, la Spagna, in cui una stessa associazione raggruppa i 32 musei del vino, ma di respiro internazionale: è doveroso dare al vino lo spazio che merita, perché senza la cultura enoica non sarebbe quel generatore di ricchezza e turismo che conosciamo oggi.
Fonte: winenews.it 12/06/2012
“Le prospettive per lo sviluppo di mercato - ha spiegato il francese Denis Verdier - sono oggi principalmente nell’esportazione e ciò richiede strutture aziendali assolutamente più forti ed organizzate”. Per questo le organizzazioni cooperative hanno chiesto all’Europa di rafforzare la definizione e i compiti delle organizzazioni dei produttori, sempre a condizione che vengano costituite su iniziativa dei produttori, che abbiano una dimensione minima e che dispongano di sufficienti risorse.
Poi, è fondamentale che abbiano come compito principale la commercializzazione dei vini dei loro associati, ma anche che siano in grado di svolgere un ruolo nella gestione della filiera e delle crisi, magari istituendo fondi di mutuo soccorso per le aziende in difficoltà. Nel frattempo, dall’altra parte del Continente, in Ucraina, ha mosso i primi passi l’idea di candidare la “Cultura del Vino” a Patrimonio dell’Umanità Unesco.
Il progetto, intuizione dello spagnolo Santiago Vivanco, a capo dell’associazione per lo sviluppo del turismo e della cultura del vino, vedrà la luce il 15 settembre, ma per la candidatura ufficiale si dovrà aspettare il 2013, quando tutti i musei e le strade del vino, non solo d’Europa, ma del Mondo, saranno state censite e messe a sistema su una piattaforma web dedicata. Un’idea europea, che nasce nell’unico Paese, la Spagna, in cui una stessa associazione raggruppa i 32 musei del vino, ma di respiro internazionale: è doveroso dare al vino lo spazio che merita, perché senza la cultura enoica non sarebbe quel generatore di ricchezza e turismo che conosciamo oggi.
Fonte: winenews.it 12/06/2012
martedì 5 giugno 2012
VINO: "SOLO ITALIANO" IN RUSSIA. Fattore qualita’ traina crescita fatturato italiano export, + 83% in 3 anni
MOSCA - Non si ferma la scalata del vino italiano di qualità in Russia, dove nel 2011 ha conquistato un fatturato export di oltre 118 milioni di euro, facendo impennare dell’83% l’indice di crescita riferito al triennio 2009-2011. Sono questi i dati, su base Istat, resi noti alla vigilia di “Solo Italiano”, la manifestazione internazionale di promozione del vino tricolore targato IEM (International Exhibition Management), che ha aperto i battenti il 5 giugno, al New Manage di Mosca per proseguire il 7 a San Pietroburgo.
Per Marina Nedic , Managing Director di IEM: “La qualità è la chiave di accesso e di successo del made in italy enologico in questo mercato che nel 2011 ha assorbito oltre 75,5 milioni di litri, in crescita di circa il 9% sul 2009, ma in flessione, rispetto al 2010, di circa il 30%. La contrazione e’ dovuta in parte ad una riduzione dei volumi di vino sfuso importato, dall’altro al rinnovo delle licenze che nel corso dl 2011 ha coinvolto gran parte degli importatori e che oggi e’ stato superato . Alla contrazione dei volumi si contrappone una continua ascesa del valore (il prezzo medio a litro del vino italiano esportato in Russia e’ cresciuto nel 2011 di oltre il 60%) che evidenzia la necessità di un investimento e una presenza continui e programmati per una promozione di qualità” “Solo Italiano” di quest’anno sarà la più significativa manifestazione vinicola italiana mai realizzata in Russia : saranno presenti 110 aziende vinicole (tra cui l’Istituto Grandi Marchi, i consorzi Vignecantine, Vino Chianti e Uvive, Promosiena e Iter, Special Agency Chamber of Commerce Udine) impegnate in un programma educazionale dedicato agli operatori del settore.
“Per la Russia, inoltre, – prosegue Nedic - abbiamo realizzato un format innovativo suddiviso per zone produttive con focus e degustazioni specifici dedicati ai vini del Sud Italia, del Veneto e dell’Istituto Grandi Marchi rappresentativo dell’eccellenza enologica di tutte le regioni del nostro Paese. Una promozione mirata e sempre più declinata alle esigenze del mercato e del consumatore locale che dopo aver apprezzato il gusto del bere italiano, ora vuole conoscerne anche le origini”.
Fonte: ansa.it/terraegusto
Per Marina Nedic , Managing Director di IEM: “La qualità è la chiave di accesso e di successo del made in italy enologico in questo mercato che nel 2011 ha assorbito oltre 75,5 milioni di litri, in crescita di circa il 9% sul 2009, ma in flessione, rispetto al 2010, di circa il 30%. La contrazione e’ dovuta in parte ad una riduzione dei volumi di vino sfuso importato, dall’altro al rinnovo delle licenze che nel corso dl 2011 ha coinvolto gran parte degli importatori e che oggi e’ stato superato . Alla contrazione dei volumi si contrappone una continua ascesa del valore (il prezzo medio a litro del vino italiano esportato in Russia e’ cresciuto nel 2011 di oltre il 60%) che evidenzia la necessità di un investimento e una presenza continui e programmati per una promozione di qualità” “Solo Italiano” di quest’anno sarà la più significativa manifestazione vinicola italiana mai realizzata in Russia : saranno presenti 110 aziende vinicole (tra cui l’Istituto Grandi Marchi, i consorzi Vignecantine, Vino Chianti e Uvive, Promosiena e Iter, Special Agency Chamber of Commerce Udine) impegnate in un programma educazionale dedicato agli operatori del settore.
“Per la Russia, inoltre, – prosegue Nedic - abbiamo realizzato un format innovativo suddiviso per zone produttive con focus e degustazioni specifici dedicati ai vini del Sud Italia, del Veneto e dell’Istituto Grandi Marchi rappresentativo dell’eccellenza enologica di tutte le regioni del nostro Paese. Una promozione mirata e sempre più declinata alle esigenze del mercato e del consumatore locale che dopo aver apprezzato il gusto del bere italiano, ora vuole conoscerne anche le origini”.
Fonte: ansa.it/terraegusto
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